Concordato preventivo
Relativamente al concordato preventivo, rispetto alla previgente normativa
muta il fatto che la conservazione dell’azienda viene posta sullo stesso
piano della soddisfazione dei creditori e che la continuità diventa
elemento fondamentale per tutte le valutazioni.
Il Tribunale, nel caso di concordato in continuità, secondo quanto disposto
dall’art 47 CCII, rigetta la domanda qualora la stessa risulti
manifestamente non idonea non solo al soddisfacimento dei creditori ma
anche e soprattutto alla conservazione degli attivi aziendali
L’articolo 7 del CCII stabilisce che qualora al Tribunale vengano
sottoposte più domande debbano essere prese in considerazione,
prioritariamente, quelle che prevedono la regolazione della crisi o
dell’insolvenza tramite la continuità; inoltre, in caso di parità di
trattamento per i creditori tra liquidazione giudiziale e continuità,
quest’ultima dovrà comunque risultare la preferita.
La
continuità aziendale, viene sancito, che può essere:
- diretta se si prevede la prosecuzione dell’attività da parte
dell’imprenditore in crisi che ha presentato il ricorso,
- indiretta se il piano prevede che la gestione dell’azienda ovvero la
ripresa dell’attività sia affidata ad un soggetto terzo, diverso dal
debitore, in forza di un contratto che consenta la prosecuzione
dell’attività (usualmente affitto d’azienda prodromico alla successiva
cessione).
Molto rilevante è l’assunto che non sia più necessario che nel concordato
in continuità aziendale i creditori vengano soddisfatti in misura
prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale stessa, diretta
Per quanto attiene al concordato liquidatorio la principale novità rispetto
alla normativa previgente è rappresentata dal fatto che la proposta deve
essere accompagnata dalla messa a disposizione di risorse esterne
aggiuntive idonee ad incrementare l’attivo a disposizione dei creditori
nella misura del 10%; rimane l’obbligo di assicurare ai creditori
chirografari ed ai privilegiati degradati per incapienza il rimborso in
misura non inferiore al 20% di quanto loro spettante.
Occorre anche evidenziare che la composizione negoziale prevede, nel caso
in cui le trattative non vadano a buon fine, la possibilità di accedere al
concordato liquidatorio semplificato, nuova fattispecie di concordato, per
il quale non sono richiesti tali stringenti requisiti e per il quale è
anche prevista una procedura più snella.
In questa del tutto nuova procedura non viene prevista la fase di
ammissione alla procedura, né quella della votazione dei creditori.
L’omessa necessità di approvazione della proposta da parte del ceto
creditorio viene giustificata sulla base del fatto che se la procedura si è
svolta secondo la legge con la vigilanza e la direzione dell’esperto, i
creditori dovrebbero essere stati messi nella condizione di valutare quanto
proposto dal debitore.
Nel concordato semplificato, al posto del commissario giudiziale, il
Tribunale può, se lo ritiene, nominare un ausiliario che lo assista nelle
sue valutazioni. Queste semplificazioni, rispetto alla versione “normale”
del concordato liquidatorio, sono tuttavia compensate da un più rigido e
attento sindacato da parte del Tribunale in sede di omologa; quest’ultimo
dovrà valutare la regolarità del procedimento ed entrare nel merito della
fattibilità del piano in maniera tale da assicurare che ciascun creditore
non subisca pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione
giudiziale e riceva una qualsiasi utilità, non necessariamente in denaro.
Con l’art. 284, commi 1-2 CCII viene introdotta la possibilità per due o
più imprese facenti parte di un gruppo, di presentare un'unica domanda di
accesso al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di
ristrutturazione del debito. In tal caso deve essere predisposto un piano
unitario o più piani collegati tra loro
Rimane tuttavia necessario che le proposte di concordato rivolte ai
creditori siano distinte; ciò deriva dall’autonomia delle masse delle
singole imprese (art. 284, co. 3, CCII) e dalle modalità previste per
l’espressione del voto (art. 286, co. 5, CCII).
I creditori
Una parte nuova ed importante del codice della crisi d'impresa e
dell'insolvenza è quella che disciplina gli obblighi generali dei
creditori, i quali assumono il ruolo di attori principali in tutte le fasi
della gestione delle crisi, sono tenuti a “comportarsi secondo buona fede e
correttezza” nel corso delle trattative e nell'esecuzione degli accordi e
delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza (art. 4, comma
1, CCII). Gli stessi sono tenuti a “collaborare lealmente” con il debitore
e gli organi della procedura e a “rispettare l'obbligo di riservatezza
sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle
informazioni acquisite” (art. 4, comma 3, CCII).
Emerge, dunque, chiaramente l'intenzione del legislatore di rendere
maggiormente responsabili tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella
gestione della crisi aziendale, tra di essi anche i creditori
Nello specifico questi ultimi hanno il dovere, in particolare, di
collaborare lealmente con il debitore, con i soggetti preposti alle
procedure di allerta e composizione assistita della crisi, con gli organi
nominati dall'autorità giudiziaria nelle procedure di regolazione della
crisi e dell'insolvenza e di rispettare l'obbligo di riservatezza sulla
situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle
informazioni acquisite (comma 3).
Permane, anche con l'entrata in vigore dell'art. 4 CCII, la facoltà per il
creditore, anche se consapevole dell’incapienza del patrimonio del
debitore, di attivarsi legalmente per la tutela del proprio credito, anche
se a scapito degli altri creditori e con l’intento di essere il primo a
farlo.
Al più tali condotte verranno sottoposte ad azioni revocatorie o
evidenzieranno una eventuale responsabilità del terzo creditore che abbia
contribuito all'aggravamento del dissesto del debitore, ad esempio
attraverso la concessione "abusiva" del credito.
Liquidazione giudiziale altrimenti nota come fallimento
Le novità più rilevanti tra la nuova e la precedente normativa, oltre alla
denominazione che introduce la liquidazione giudiziale al posto del termine
fallimento, sono volte a velocizzare e semplificare la procedura.
Tra di esse è giusto ricordare:
-
il ruolo del curatore maggiormente centrale ed autonomo, il quale può,
senza dover aspettare l’autorizzazione preventiva del comitato dei
creditori e quella del tribunale, promuovere le azioni di responsabilità;
-
l’istituzione di un registro per ottemperare ai nuovi obblighi
informativi la cui tenuta è affidata al curatore, da aggiornare
regolarmente ed accessibile sia al tribunale che al comitato dei creditori;
-
l’anticipazione del periodo sospetto per le azioni di recupero al momento
della presentazione dell’istanza di liquidazione giudiziale (non più a
partire dall’apertura della procedura);
-
la modifica del ruolo del comitato dei creditori, ritenuto non più
necessario per le procedure minori e decisamente semplificato nel contesto
della liquidazione giudiziale;
-
l’estensione delle misure volte a consentire al soggetto “fallito” ,
sempre che risulti meritevole, la possibilità di ripartire.
Agenzia delle Entrate
Per accedere alle procedure previste per il superamento della crisi
contenute nel Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza i contribuenti
possono richiedere all’Agenzia delle Entrate il Certificato unico dei
debiti tributari; detto certificato fornisce un quadro preciso delle
pendenze dello stesso contribuente le quali risultino da atti,
contestazioni ancora in corso ovvero già definite ma non ancora saldate.