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Il deposito in appello del fascicolo di primo grado dopo l’intervento delle Sezioni Unite

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Sono state rilevate le seguenti anomalie:

A cura di Avvocato Fabrizio Testa

Con ordinanza n. 14534/2022, la sezione seconda della Cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite la decisione sull'abbandono della distinzione tra fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte e quindi dell’obbligo del deposito di quest’ultimo. Le Sezioni Unite sono intervenute con l’articolata sentenza n. 4835/2023. Allo stato, come occorre comportarsi?

Sommario:

La questione

Con ordinanza n. 14534 pubblicata il 9 maggio 2022, la sezione seconda della Cassazione aveva disposto la trasmissione del procedimento al Primo Presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite di una questione di massima di particolare importanza e di estremo interesse: l'adozione del processo telematico, che prevede la creazione di un unico fascicolo e non contempla l'ipotesi del ritiro dei documenti in esso contenuti, comporta l'abbandono della distinzione tra fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte e quindi dell’obbligo del deposito di quest’ultimo?

Il caso portato all’attenzione della seconda sezione della Corte Suprema concerneva una questione condominiale decisa in primo grado dal Tribunale capitolino a favore degli attori, impugnata avanti alla Corte d’Appello di Roma che aveva accolto il gravame principale e, in riforma della sentenza impugnata, rigettato la domanda degli appellati. Rilevato che questi ultimi, attori in primo grado, non avevano depositato in appello il loro fascicolo di primo grado, nel quale erano verosimilmente contenuti i documenti in forza dei quali era stata accolta dal Tribunale la loro domanda principale, nonché gli altri documenti richiamati dagli appellati nelle loro difese, che la parte aveva l'onere di depositare, e che tali documenti non erano stati depositati dalle altre parti costituite, la Corte d'appello aveva affermato di non disporre degli elementi necessari per potere valutare la fondatezza della domanda degli attori, contestata dall’appellante, i quali sul punto avevano pertanto presentato ricorso in Cassazione, la cui sezione seconda con la predetta ordinanza n. 14534/22 aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite, che si sono pronunciate con sentenza n. 4835 pubblicata il 16 febbraio 2023.

Sulla questione, rammenta la seconda sezione nell’ordinanza del 2022, si sono pronunciate due volte le SS.UU., affermando che
è onere dell'appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. c.p.c., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perché questi documenti possano essere sottoposti all'esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell'altra parte (sia questa costituita o sia invece rimasta contumace) quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare Cass. n. 28498/2005 e negli stessi termini Cass. n. 3033/2013
.

La seconda sezione ricorda ancora che le due pronunce sono state oggetto di critiche accese da parte della maggioritaria dottrina, che vi sono stati inizialmente alcuni arresti delle sezioni semplici discordi rispetto alla sentenza n. 28498/2005 e che la giurisprudenza successiva al secondo intervento delle sezioni unite si è ad esso uniformata.

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Come rileva la seconda sezione, nel processo telematico per ciascun procedimento vi è un unico fascicolo informatico in cui confluiscono sia gli atti inviati telematicamente dagli avvocati sia tutti quelli che si formano nel processo ad opera del giudice, dell'ausiliario e del cancelliere. Infatti
il fascicolo informatico raccoglie i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati, nonché le copie informatiche dei documenti; raccoglie altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo Art. 11 delle specifiche tecniche previste dall'art. 34 c. 1 del D.M. n. 44/2011
.

Dovrebbe quindi conseguire, conclude la sezione seconda, l'accantonamento della distinzione tra  fascicolo d'ufficio e di parte presente nel codice di rito e nelle sue disposizioni di attuazione, con risoluzione della questione in esame: non essendo contemplata la possibilità di ritiro dei documenti informatici, questi vengono telematicamente acquisiti - con piena attuazione del principio di immanenza delle prove - dal giudice di secondo grado con l'acquisizione dell'unico fascicolo e indipendentemente dal comportamento dell'appellato. Ciò comporterebbe pure l'abbandono dell'orientamento, fondato sulla già menzionata distinzione, secondo cui il giudice di appello non può tenere conto dei documenti del fascicolo della parte, ancorché trasmesso dal cancelliere del giudice di primo grado con il fascicolo di ufficio, ove detta parte, già presente nel giudizio di primo grado, non si sia costituita in quello di appello (Cass. 78/2007 e 26115/2020).

Secondo la sezione rimettente, occorre quindi riflettere sull'opportunità di rivedere l'orientamento delle SS.UU. espresso nel 2005 e nel 2013 anche in relazione alle situazioni in cui i documenti che hanno portato all'accoglimento della domanda di primo grado non sono disponibili in appello perché depositati in cartaceo in primo grado e non sono stati ridepositati in appello. Si potrebbe valorizzare quanto affermato dalla pronuncia n. 28498/2005 circa la necessità, a tutela dell'interesse al corretto esercizio dell'attività giurisdizionale e del principio di acquisizione delle prove, di subordinare il ritiro del fascicolo di parte al deposito dei documenti probatori in esso inseriti, ricavando la prescrizione dalla necessità che il ritiro sia autorizzato dal giudice (art. 77 disp. att. c.p.c.), ovvero ancora potrebbe essere considerato quanto sostenuto da alcune pronunce circa il potere del giudice d'appello di ordinare alla parte il deposito dei documenti che ritenga necessari al fine della decisione (cfr., in particolare, Cass. 1462/2013), riconosciuto al giudice d'appello dall'art. 123-bis d.att. c.p.c. sia pure in relazione all'impugnazione della sentenza non definitiva.

In conclusione, il Collegio nel 2022 ha ritenuto opportuno rimettere all'attenzione delle SS.UU. i seguenti profili:
  • se l'adozione del PCT comporti l'abbandono della distinzione tra fascicolo d'ufficio e di parte
  • se ciò determini il superamento delle citate pronunce 28498/2005 e n. 3033/2013
  • se tale superamento valga solo per le cause ove i documenti sono contenuti nel fascicolo informatico o anche per quelle con documenti cartacei ancora presenti nel fascicolo di parte.

Le Sezioni Unite, nella citata sentenza n. 4835/2023, premettono anzitutto che le questioni sollevate nell’ordinanza interlocutoria della seconda sezione civile coinvolgono principi di acquisizione e disposizione delle prove, di tutela del contraddittorio, di difesa e di giusto processo, perciò per darvi risposta non si può differenziare a seconda che i documenti siano stati prodotti con modalità telematiche o cartacee né occorre ritenere abrogata tacitamente la distinzione codicistica tra fascicolo d’ufficio e fascicolo di parte, del resto confermata anche dopo la Riforma Cartabia [e pure nello schema di decreto legislativo del c.d. Correttivo civile, attualmente in corso di esame: n.d.a.], o superare le sentenze del 2005 o 2013, quanto piuttosto ampliarne gli effetti per far leva sul valore della giustizia della decisione.

In particolare, soccorre il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, tanto nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo di cui alla sentenza 28498/2005 che l’aveva elaborato quanto in quello qui in esame dell’appello: una volta prodotto in una fase o in un grado di un processo unitario, un documento è da ritenersi “conosciuto” e perciò definitivamente acquisito alla causa, la sua valenza probatoria è indipendente dalle successive scelte processuali della parte che lo abbia inizialmente prodotto, non si esaurisce quindi in singoli gradi o fasi ed in quelli successivi non va nuovamente provato dalla parte che ne invochi il riesame, quanto semplicemente allegato, cioè dedotto in un enunciato descrittivo contenuto all’interno di un atto difensivo.

Le Sezioni Unite confermano che, combinando gli effetti dell’acquisizione probatoria dei documenti prodotti e dei limiti devolutivi dell’impugnazione segnati dagli artt. 342 e 346 c.p.c., restano validi i principi più volte enunciati nella giurisprudenza di Cassazione secondo cui il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare i documenti ritualmente prodotti in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di essi nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto dei documenti acquisiti giustifichi le rispettive deduzioni.

Quanto in particolare al documento cartaceo già prodotto in primo grado, può essere sottoposto all’attenzione del giudice di appello, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), in differenti modi alternativi previsti dalla legge.

Sulla base di tali considerazioni, le Sezioni Unite nella sentenza in esame hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

Il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, operante anche per i documenti - prodotti sia con modalità telematiche che in formato cartaceo -, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, né può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione.

Il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni.

Affinché il giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’art. 76 disp. att. c.p.c. Il giudice di appello può inoltre porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo, ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti in primo grado.

Allorché la parte abbia ottemperato all'onere processuale di compiere nell’atto di appello o nella comparsa di costituzione una puntuale allegazione del fatto rappresentato dal documento cartaceo prodotto in primo grado, del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte neppure abbia provveduto ad offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, sarà quest’ultima a subire le conseguenze di tale comportamento processuale, potendo il giudice, il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo, ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell’atto difensivo.

Sezioni Unite

Per tali motivi, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza impugnata perché non ha considerato che i fatti storici dimostrati dai documenti prodotti in primo grado ed acquisiti come fonti di conoscenza erano stati apprezzati nella pronuncia appellata, la cui presunzione di legittimità non può dirsi superata dalla mancata allegazione del fascicolo delle parti appellate che li conteneva, e non ha adempiuto al proprio dovere di ricomporre altrimenti il contenuto della rappresentazione dei fatti già stabilmente acquisita al processo, sulla base di quanto comunque risulti da provvedimenti o atti del processo.

La riferita pronuncia delle Sezioni Unite non ha dunque accolto la soluzione netta, proposta dalla seconda sezione, di ritenere tacitamente superata con l’avvento del PCT la distinzione tra fascicolo d’ufficio e di parte e di conseguenza non ha affermato con chiarezza, come suggerito ed auspicato dalla già menzionata sezione, che non è più obbligatorio il deposito di quello di parte.

Per tali ragioni - unite all’incompleto adeguamento al Processo Civile Telematico della normativa processuale, alla consueta prudenza nell’applicazione di tale normativa, al timore di eccezioni o decisioni severe e probabilmente ad una mai superata sfiducia verso il mezzo telematico - la quasi totalità degli avvocati ha continuato a ridepositare integralmente in appello il fascicolo di primo grado, in genere comprimendo in cartelle zippate copie o duplicati informatici di atti e documenti depositati telematicamente in primo grado o le scansioni di quelli, sempre più residuali, depositati in forma cartacea, con attestazioni di conformità quando necessarie.

È pur vero che i fascicoli integralmente informatici dei tribunali vengono ormai acquisiti automaticamente dalle corti d’appello (e ciò potrebbe condurre in futuro alla soluzione auspicata dalla seconda sezione e da molti legali), ma così per il momento non è ancora - o meglio non lo è del tutto - per i pur residuali fascicoli misti, per gli appelli da giudice di pace a tribunale, per alcune riassunzioni o per qualche procedimento a struttura bifasica; è stato inoltre segnalato che, talvolta, nella trasmissione informatica non tutti i documenti sono correttamente visualizzabili.

Lo schema di decreto legislativo del c.d. Correttivo civile alla riforma Cartabia, in corso di esame, pur adeguando al PCT le norme sulla formazione e tenuta dei fascicoli, mantiene la distinzione tra fascicolo d’ufficio e di parte e pare non intervenire sul deposito di parte del fascicolo del grado precedente.

Al momento, pertanto, il deposito del fascicolo del grado precedente nel fascicolo telematico del giudice dell’impugnazione continua ad apparire:
  • opportuno, per tutte le considerazioni predette;
  • utile, perché consente di creare collegamenti ipertestuali agli atti o ai documenti, quanto meno a quelli ritenuti più importanti ai fini dell’impugnazione, anche al fine di rispettare i precetti di chiarezza e sinteticità.

In caso di eventuali difficoltà, le Sezioni Unite hanno peraltro offerto garanzie probatorie adeguate, ribadendo i principi di non dispersione e acquisizione della prova e del potere-dovere del giudice di esame dei documenti prodotti nei gradi precedenti, diretto ove possibile o - in caso contrario - indiretto (produzione di copia rilasciata ad altre parti, esibizione su ordine del giudice, trascrizione nella decisione impugnata o in altro provvedimento o atto processuale).

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