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La conservazione a norma dei messaggi PEC

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A cura di Avv. Matias Conoscente

La conservazione a norma dei messaggi di posta elettronica certificata (PEC) riveste un’importanza fondamentale per tutti i professionisti, permettendo di mantenere e prolungare nel tempo il valore legale che il meccanismo della firma elettronica conferisce loro.

Ai sensi delle norme del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD – D.Lgs. 82/2005) e delle prescrizioni emanate dall’Agenzia per l'Italia Digitale (AgID), la conservazione a norma, affiancata dalla firma digitale, rappresenta infatti il principale strumento atto garantire questo valore nel tempo.

Per meglio comprendere il contesto e l’ambito di applicazione della conservazione dei documenti, occorre ricordare la definizione offerta dal CAD del documento informatico, che racchiude qualunque rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, ovverosia qualsiasi tipo di file, come documenti di testo, immagini, audio, video, ecc. Esso va quindi tenuto distinto dal documento analogico, quest'ultimo essendo la rappresentazione non digitale di atti o dati giuridicamente rilevanti, come documenti cartacei originali o copie autentiche rilasciate dalla cancelleria. In ambito processuale, qualsiasi file scaricato dai fascicoli telematici rappresenta invece un documento informatico.

Il CAD stabilisce che il valore legale del documento informatico determina la sua rilevanza probatoria in giudizio. Un documento non firmato o con firma elettronica semplice possiede un valore limitato, e verrà liberamente valutato dal giudice. Tuttavia, se firmato con una firma elettronica avanzata o qualificata (come la firma digitale), il documento acquista un maggiore valore probatorio, valido fino a querela di falso, in ordine all’esatta individuazione del suo autore. In tal caso, l’onere della prova per disconoscere la firma incomberà quindi su quest’ultimo, che dovrà dimostrare l’uso fraudolento del dispositivo di firma.

Allo stesso tempo, il CAD impone al titolare del dispositivo di firma obblighi di custodia e l’adozione di misure tecniche ed organizzative per prevenire qualsiasi utilizzo abusivo o da parte di soggetti terzi, dato che ogni impiego della firma digitale si presume riconducibile al suo proprietario, salvo prova contraria.

La firma elettronica qualificata e la firma digitale garantiscono quindi un alto livello di sicurezza ed interoperabilità a livello comunitario, ma il problema principale rimane la validità nel tempo dei documenti sottoscritti, poiché i certificati di firma sono soggetti a scadenza, e ne garantiscono la validità solo entro lo specifico periodo, solitamente triennale, dalla loro data di emissione.

Accade quindi comunemente che documenti firmati digitalmente, come sentenze o atti giudiziari, abbiano firme valide al momento della loro sottoscrizione, ma risultino scadute se verificate in seguito.

Se un documento viene firmato digitalmente quando il certificato è valido, la firma è parimenti legalmente valida, anche se il certificato risulta scaduto successivamente. Tuttavia, se il documento viene riaperto dopo la scadenza del certificato, i software di verifica segnaleranno l'anomalia, indicando che il certificato è scaduto, senza che ciò, beninteso, invalidi automaticamente il documento.

La validità del certificato dev’essere infatti verificata al momento della firma.

Ai sensi dell’art. 61 del D.P.C.M. 22 febbraio 2013 (successivamente integrato dalle linee guida AgID), una firma digitale o elettronica qualificata rimane valida anche se il certificato associato è scaduto, revocato o sospeso, purché vi sia un riferimento temporale opponibile a terzi che dimostri che la firma è stata apposta prima della scadenza o revoca del certificato.

In altre parole, è essenziale associare al documento una data certa per garantire la validità legale della firma nel tempo.

Quando si firma un documento con un dispositivo di firma digitale, la data dichiarata corrisponde a quella impostata dal sistema informatico dell’utente.

Questa data, però, risulta facilmente manipolabile: ad esempio, se un certificato di firma è scaduto, si potrebbe alterare la data del computer per simulare che la firma sia stata apposta quando il certificato era ancora valido.

Per tale ragione, questa data dichiarata non è opponibile a terzi, e neppure garantisce la validità legale del documento.

Per imprimere una data certa, che sia opponibile e non alterabile, si possono utilizzare i seguenti strumenti:
  • Marche Temporali: appositi strumenti acquistabili a blocchi (20, 50, 100) dagli enti certificatori e forniscono un riferimento temporale sicuro e certo. La data certa è garantita dal soggetto terzo (ente certificatore) che firma elettronicamente la marca temporale, rendendola opponibile a terzi;
  • Conservazione a Norma: sistema informatico per ottenere una data certa per i documenti ivi allocati, tramite processi che ne garantiscono la conservazione legale e regolamentata nel tempo.
  • Posta Elettronica Certificata (PEC): è il metodo più comunemente utilizzato dagli avvocati per dare una data certa agli atti depositati telematicamente. I gestori PEC forniscono un riferimento temporale opponibile a terzi tramite le ricevute di accettazione e consegna, che includono una data certa.

L'invio di un documento tramite PEC evita la necessità di aggiungere ulteriori marche temporali, poiché la data certa è già garantita dallo stesso sistema di trasmissione.

Conseguentemente la validità dell’atto inviato tramite posta elettronica certificata permane anche se la firma elettronica è scaduta, essendo garantita dalla data certa fornita dal messaggio PEC.

Immagine rappresentativa del Software PCT
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Conservare un documento a norma non significa semplicemente salvarlo su un computer, ma richiede il rispetto di principi e criteri specifici per garantire che esso rimanga inalterato nel tempo. Ciò avviene tramite meccanismi simili a quelli delle firme digitali, come l'uso di impronte digitali.

Il sistema di conservazione a norma approntato dal CAD ha l'obiettivo di mantenere il valore legale del documento e garantirne la fruibilità anche dopo anni, salvaguardandone l’autenticità, l’integrità, l’affidabilità, la leggibilità e la reperibilità.

La creazione di un sistema di conservazione a norma è sottoposta a rigidi controlli da parte dell'AgID che, oltre alla piena aderenza alle normative, richiedono l’adozione di specifiche misure di sicurezza, la nomina di un responsabile e la redazione di un protocollo operativo.

La gestione dei flussi di conservazione coinvolge tre tipologie di soggetti, ciascuno con ruoli specifici nel processo:
  • Produttore: colui che crea il documento e lo trasmette al sistema di conservazione. Anche se un altro soggetto ha creato il documento, il produttore è responsabile della sua conservazione e lo invia attraverso un cd. “pacchetto di versamento”. Nelle Pubbliche Amministrazioni, come i Comuni, tale compito è specificamente demandato al responsabile della gestione documentale, che si occupa del protocollo e della conservazione.
  • Responsabile del sistema di conservazione: soggetto che definisce ed attua le politiche del sistema di conservazione, gestendolo con autonomia e responsabilità in base ad un regolamento e ad un manuale specifico.
  • Utente finale: colui che desidera recuperare il documento conservato. Questo utente può coincidere con il produttore, poiché una volta salvato il documento nel sistema, è in grado di successivamente accedervi per estrarne copia.

La conservazione di un documento a norma implica l'adozione di formati leggibili nel tempo, garantendo la possibilità di aprirli anche a distanza di anni. I formati devono essere standardizzati ed aperti, evitando formati proprietari, come DOC e XLS, a favore di alternative come Open Document Format (ODF) e DOCX, che assicurano la compatibilità con software di terze parti. I formati ammessi comprendono altresì PDF, TIFF, JPEG, XML e TXT.

Il sistema di conservazione a norma si basa su un manuale che definisce i processi organizzativi e tecnici, i soggetti coinvolti, le architetture informatiche e le misure di sicurezza adottate.

Il processo inizia con la creazione di un ‘pacchetto di versamento’ che contiene il documento da conservare. Il sistema verifica la conformità del formato, generando un rapporto di versamento con impronte di hash e firma digitale.

I documenti sono organizzati in pacchetti informativi, inclusi il pacchetto di archiviazione, che racchiude il pacchetto di versamento, ed il pacchetto di distribuzione, usato per recuperare copie dei documenti conservati. Dopo il ciclo di vita previsto per ogni documento, è possibile scartare quelli non più necessari.

Come sopra accennato, la conservazione a norma è disciplinata dal Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), che stabilisce gli obblighi di conservazione ed esibizione dei documenti.

Tutti gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni (PA) devono avere un sistema di conservazione a norma per la gestione dei documenti informatici.

I privati, come imprese e professionisti, hanno anch’essi l'obbligo di conservare i loro documenti, ma non sono obbligati a creare un proprio sistema di conservazione, potendosi invece avvalere di sistemi di conservazione forniti da terze parti, quali l'Agenzia delle Entrate per le fatture elettroniche.

Per soddisfare gli obblighi di conservazione ed esibizione dei documenti, è fondamentale utilizzare documenti informatici conformi alle linee guida.

Se correttamente conservati, i documenti informatici possono quindi sostituire gli archivi cartacei, consentendo l'eliminazione della carta, poiché garantiscono la medesima validità prevista dalla legge.

L'archiviazione dei documenti informatici deve quindi avvenire esclusivamente in formato digitale. Ad esempio, per conservare le ricevute PEC o le fatture elettroniche, non è sufficiente stampare i documenti cartacei; è necessario utilizzare un sistema informatico che garantisca l'accessibilità e la validità dei documenti nel tempo. La gestione della Posta Elettronica Certificata (PEC) è cruciale, poiché è importante sapere quali messaggi PEC devono essere conservati e come assicurare il loro valore legale nel tempo.

Non tutti i documenti informatici devono necessariamente essere oggetto di conservazione a norma. Senz’altro però occorre conservare le fatture elettroniche ed i messaggi PEC (Posta Elettronica Certificata), poiché la validità delle firme elettroniche sui messaggi e ricevute dipende dalla durata dei certificati che li accompagnano.

Come infatti poc’anzi ricordato, ogni messaggio PEC include una data certa e una ricevuta di avvenuta consegna attestante il contenuto del messaggio, inclusi gli allegati.

Tuttavia, la scadenza della firma elettronica del gestore PEC può compromettere la validità probatoria delle ricevute nel tempo. Diventa quindi cruciale conservare i messaggi PEC in un sistema di conservazione a norma per estenderne la validità, poiché il semplice salvataggio locale non è sufficiente.

Si noti che il Ministero della Giustizia conserva già automaticamente le PEC relative ai depositi telematici.

È invece importante conservare a norma le PEC inviate stragiudizialmente e le notifiche a mezzo PEC, in quanto i gestori di posta elettronica certificata sono obbligati a conservare per 30 mesi solo i log delle operazioni, ma non i messaggi stessi.

A tal proposito, i professionisti possono avvalersi degli appositi servizi offerti dai gestori PEC o da aziende specializzate nel settore.

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