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Deontologia forense: le forme associative tra avvocati e le incompatibilità professionali

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Immagine rappresentativa della deontologia forense: forme associative e incompatibilità professionali

Le forme associative tra avvocati sono disciplinate principalmente dalla Legge n. 247 del 31 dicembre 2012, che ha riformato l'ordinamento della professione forense, e dal Codice Deontologico Forense.

Queste norme mirano a promuovere l'aggregazione tra professionisti, favorendo l'efficienza e la competitività degli studi legali, pur salvaguardando i principi fondamentali della professione, come l'indipendenza e la terzietà al fine di salvaguardare l’effettiva tutela dei diritti.

Le associazioni tra avvocati offrono numerosi vantaggi, tra cui:
  • Miglioramento della qualità dei servizi legali: grazie alla condivisione di competenze e risorse.
  • Maggiore capacità competitiva: attraverso una struttura più organizzata e in grado di gestire incarichi complessi.
  • Ottimizzazione dei costi: attraverso la condivisione delle spese operative. Le forme associative consentono quindi agli avvocati di rispondere alle crescenti esigenze del mercato, mantenendo elevati standard professionali.
La Legge n. 247/2012, all’art. 4bis, introduce la possibilità per gli avvocati di costituire società tra avvocati in diverse forme giuridiche:
  • Società di persone
  • Società di capitali
  • Società cooperative
Secondo l'art. 4 bis della Legge n. 247/2012, le società tra avvocati devono rispettare alcune regole specifiche:
  • Oggetto sociale esclusivo: possono svolgere esclusivamente attività legale.
  • Capitale sociale e partecipazioni: la maggioranza del capitale sociale e dei diritti di voto deve essere detenuta da avvocati iscritti all'albo.
  • Responsabilità professionale: i soci rispondono personalmente e illimitatamente per le obbligazioni derivanti dall'esercizio della professione.

Modalità di costituzione e funzionamento

La costituzione di una società tra avvocati avviene mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, secondo le disposizioni del Codice Civile in materia di società. Devono inoltre essere rispettati i requisiti previsti dal Regolamento del Consiglio Nazionale Forense (CNF) per quanto riguarda l'iscrizione all'albo speciale delle società tra avvocati.

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A chi è rivolto? Avvocati, Studi legali e Pubbliche Amministrazioni

Gli studi associati rappresentano una forma di aggregazione meno strutturata rispetto alle società tra avvocati. Si basano su un accordo tra professionisti che esercitano in forma collettiva, condividendo spazi, risorse e clientela, ma mantenendo una certa autonomia giuridica e fiscale. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni anche a carattere multidisciplinare, possono partecipare alle associazioni oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi professionisti appartenenti alle categorie individuate con regolamento del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 della Legge Professionale.

Differenze rispetto alle società tra avvocati:
  • Personalità giuridica: gli studi associati non hanno personalità giuridica propria.
  • Responsabilità: i professionisti sono responsabili direttamente verso i clienti, senza il filtro di una struttura societaria.
  • Fiscalità: gli studi associati sono soggetti alla tassazione dei redditi individuali dei singoli avvocati. I redditi delle associazioni tra avvocati sono determinati secondo i criteri di cassa, come per i professionisti che esercitano la professione in modo individuale.

Gli studi associati sono regolamentati principalmente dalle norme del Codice Civile e dal Codice Deontologico Forense, che impone il rispetto di regole etiche e deontologiche, come il divieto di conflitto d'interessi e l'obbligo di riservatezza etc.

Le reti di professionisti sono forme di collaborazione tra avvocati e altre figure professionali che mirano a offrire servizi integrati e interdisciplinari. Si basano su un contratto di rete che definisce gli obiettivi comuni e le modalità di collaborazione.

Esse devono rispettare le disposizioni della Legge n. 247/2012 e del Codice Deontologico Forense, in particolare per quanto riguarda la riservatezza dei dati dei clienti e l'indipendenza professionale dell’Avvocato.

Le reti permettono di ampliare l'offerta di servizi, migliorando la capacità di rispondere alle esigenze dei clienti, soprattutto in ambiti complessi che richiedono competenze diverse (ad es. diritto societario, fiscale e tributario).

Collaborazioni occasionali e continuative

Gli avvocati possono collaborare con altri professionisti su base occasionale o continuativa. Le collaborazioni occasionali riguardano incarichi specifici e limitati nel tempo, mentre quelle continuative si basano su un rapporto stabile, regolato da appositi accordi.

Contratti di collaborazione e gestione delle risorse

Le collaborazioni possono essere formalizzate attraverso contratti che definiscano chiaramente i diritti e i doveri delle parti, nel rispetto delle norme deontologiche. Gli avvocati devono evitare situazioni di dipendenza economica che potrebbero compromettere la loro autonomia e indipendenza.

L'art. 18 della L. 247/2012 stabilisce che l'esercizio della professione forense è incompatibile con:
  1. Attività di impresa commerciale:
    • L'avvocato non può esercitare un'attività imprenditoriale a scopo di lucro, sia in proprio che in qualità di socio illimitatamente responsabile o amministratore di una società commerciale.
    • Fanno eccezione le partecipazioni in società tra professionisti (ad esempio, società tra avvocati) previste dall'art. 4bis della stessa legge.
  2. Assunzione di cariche in società di capitali:
    • Non è consentito all'avvocato ricoprire il ruolo di amministratore unico o consigliere delegato in società di capitali che non siano società tra avvocati.
    • L'incompatibilità si estende anche all'assunzione di cariche sociali che comportino il potere di rappresentanza legale della società.
  3. Esercizio di altre professioni:
    • L'avvocato non può esercitare professioni regolamentate che comportino l'iscrizione ad altri albi o elenchi, come ad esempio quella di notaio o commercialista.
    • È fatta eccezione per l'insegnamento, le attività scientifiche, di ricerca o pubblicistiche, purché non interferiscano con l'indipendenza professionale.
  4. Rapporto di lavoro subordinato:
    • L'avvocato non può essere dipendente di enti pubblici o privati, ad eccezione delle attività di consulenza legale presso enti pubblici, purché in regime di autonomia (non a tempo pieno).
    • Sono consentite alcune eccezioni per i dipendenti pubblici a tempo parziale, che devono però essere autorizzati e non devono svolgere attività incompatibili con la professione.

Deroghe e attività consentite

Nonostante le incompatibilità descritte, la legge prevede alcune deroghe:
  • Insegnamento: è consentito l'esercizio della professione forense unitamente a incarichi di insegnamento universitario o scolastico.
  • Attività scientifiche e culturali: l'avvocato può dedicarsi ad attività di ricerca, pubblicazione scientifica o partecipare a commissioni di studio, purché non pregiudichino la sua indipendenza.
  • Attività politiche: la legge consente all'avvocato di ricoprire incarichi politici (come membri del Parlamento o amministratori locali), ma in alcuni casi ciò può richiedere la sospensione volontaria dall'albo.

Le conseguenze delle incompatibilità

Il mancato rispetto delle norme sulle incompatibilità comporta sanzioni disciplinari che possono andare dalla censura alla sospensione, fino alla radiazione dall'albo, come previsto dal Codice Deontologico Forense (art. 22).

Le incompatibilità vengono verificate dai Consigli dell'Ordine, che possono intervenire d'ufficio o su segnalazione di terzi. Gli avvocati hanno l'obbligo di comunicare tempestivamente ogni situazione di incompatibilità.

Esse possono limitare le opportunità di carriera per gli avvocati, soprattutto in settori che richiedono competenze trasversali. È quindi fondamentale una corretta gestione delle attività per evitare violazioni che possano compromettere l'esercizio della professione.

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