Autore: Avv. Giulio Brovia
Con l'ordinanza n. 12166/21 del 7 maggio scorso, la Cassazione è tornata ad occuparsi della responsabilità da cosa in custodia degli enti pubblici, con un'attenta disamina della struttura della fattispecie e dell'onere probatorio gravante sulle parti.
A dare origine alla controversia fu una caduta di cui fu vittima la ricorrente alcuni anno orsono, quando la medesima, percorrendo a piedi una via nel comune di Bari, incappò in una buca presente sul marciapiede in prossimità di un incrocio. Nell'occorso, la malcapitata subì lesioni personali.
La conseguente domanda risarcitoria formulata nei confronti del Comune fu accolta in primo grado dal Tribunale di Bari, ma la sentenza fu riformata dalla Corte d'Appello, che ravvisò un concorso di colpa nella misura del 70% in capo alla danneggiata, la quale propose ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte ha chiarito da subito che in casi - come questo - di sinistro avvenuto su strada, l'eventuale responsabilità dell'Ente va valutata alla luce dell'art. 2051 del Codice Civile, che discplina i danni da cose in custodia. Il Comune, infatti, è custode del tratto di strada in questione, in quanto ne è proprietario e titolare di poteri di effettivo controllo sulla medesima.
Sulla base di tale norma, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione delle strade è tenuto a fornire la prova dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, ossia che il danno subito derivi dalla cosa.
Viceversa, il custode è gravato da un onere probatorio ben più arduo, dovendo dimostrare che il fatto dannoso è avvenuto per caso fortuito, ovverosia in modo non prevedibile nè superabile con lo sforzo diligente ed adeguato alle concrete circostanze del caso.
Deve, cioè, dimostrare di avere espletato, con adeguata diligenza, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative ed al principio generale del neminem laedere e che l'evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee, create da terzi, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione.
Sulla scorta di tali principi, la Corte ha cassato la sentenza d'appello. La ricorrente, infatti, ha dimostrato che il danno è derivato dalla caduta accidentale nella buca, mentre non risulta fornita dal Comune alcuna adeguata prova a proprio discarico: nè di aver “adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presentasse per l'utente una situazione di pericolo occulto ed arrecasse danno” nè “che la situazione di pericolo in argomento sia stata nella specie provocata da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa” nè, infine, che “il verificatosi evento dannoso presentasse nello specifico caso concreto i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità non superabili con l'adeguata diligenza, ovvero il danno si presentasse evitabile solamente con l'impiego di mezzi straordinari”.
Della vicenda dovranno ora occuparsi nuovamente i Giudici d'Appello, che dovranno fare corretta applicazione dei principi sopra esposti.
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