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Cassazione: valida la notifica alla PEC di un’attività professionale anche per atti ad essa estranei

Cassazione: valida la notifica alla PEC di un’attività professionale anche per atti ad essa estranei

Autore: Avv. Fabrizio Testa

Con la recente ordinanza n. 1615 pubblicata il 22/1/2025, la Cassazione è intervenuta su due questioni di vivo interesse, stabilendo da un lato che è valida la notifica alla PEC di un’attività professionale anche per atti ad essa estranei e dall’altro che l’onere della prova contraria sull’inclusione di un indirizzo PEC in uno dei pubblici registri grava sul destinatario della notifica.

La vicenda

In un giudizio per la dichiarazione di inefficacia in Italia della sentenza di nullità del matrimonio concordatario, la Corte d’Appello di Roma ne dichiarava l'estinzione perché la parte onerata dal giudice di rinnovare la notifica dell'atto introduttivo non avrebbe dimostrato che l'indirizzo del destinatario a tal fine utilizzato fosse stato effettivamente estratto dagli indicati elenchi INIPEC o REGINDE.

La parte ricorreva quindi in Cassazione denunziando violazione degli artt. 3 bis e 3 ter della L. n. 53/94 e 16 ter D.L. n. 179/2012, per aver la Corte d'appello la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che l'indirizzo PEC della parte convenuta fosse presente nei pubblici registri, pur in mancanza di norme che stabiliscano tale onere e nonostante l'apposita attestazione da parte dell'avvocato quale pubblico ufficiale notificante che il suddetto indirizzo era stato tratto dal registro pubblico INI-???.

La Cassazione, con l’ordinanza qui in commento, ha ritenuto il motivo fondato e cassato la sentenza impugnata.

La prima questione: notifica di atti estranei all’attività professionale

Nell’ordinanza in esame, quanto alla possibilità di notificare atti personali alla PEC professionale, la Corte Suprema richiama anzitutto l'art. 3 bis l. n. 53/94 e la propria giurisprudenza precedente (Cass. n. 2460/2021), secondo la quale le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri pubblici previsti dalla legge.

Osserva poi che

In tema di domicilio digitale, l'indirizzo risultante dal registro INI-PEC, che sia stato attivato dal destinatario con riferimento ad una specifica attività professionale, può essere utilizzato anche per la notificazione di atti ad essa estranei, poiché nei confronti dei soggetti, obbligati per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, la notifica si ha per perfezionata con la ricevuta di avvenuta consegna, non essendovi un domicilio digitale diverso per ogni singolo atto (Cass., n. 12134/2024: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, secondo cui il ricorso per l'estensione del fallimento al socio occulto era stato validamente notificato presso il suo indirizzo pec, seppur attivato in relazione all'attività professionale di medico, estranea all'impresa fallita)”.

Nel caso qui in esame, sulla base della predetta normativa e dei principi affermati dalla richiamata precedente giurisprudenza cui intende dare continuità, la Corte Suprema afferma quindi che la citazione in questione sia stata notificata correttamente all'indirizzo PEC attinto dall'apposito elenco dei medici, attivato dalla destinataria con riferimento alla propria attività professionale, ma utilizzabile, a norma dell'art. 3 bis c. 1 L. n. 53/94, anche per la notificazione di atti ad essa estranei.

La seconda questione: attestazione dell’avvocato e onere della prova contraria

La Corte Suprema rileva che, in relata, il difensore ha indicato l'indirizzo risultante dal pubblico elenco INI-PEC, cui la notifica è stata regolarmente eseguita. Aggiunge inoltre che la motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale la ricorrente non avrebbe dimostrato l’estrazione di tale PEC dal relativo registro, non può essere condivisa, poiché art. 3 bis c. 5 della L. n. 53/94 subordina la validità della notificazione telematica, riguardo all'inclusione dell'indirizzo PEC del destinatario in detto elenco, alla sola attestazione del difensore.

Poiché la legge impone uno specifico dovere professionale al difensore, l'onere della prova contraria, che la PEC del destinatario non sia in realtà compresa nel registro indicato, grava sulla controparte; nella fattispecie, tuttavia, quest’ultima si è limitata a rilevare che il difensore della ricorrente non avesse espressamente dichiarato che tale indirizzo PEC fosse stato effettivamente estratto dal registro pubblico, senza cioè eccepire il mancato inserimento in tale registro.

Osservazioni conclusive

Con riguardo alla prima questione, come noto, il tema era dibattuto nella giurisprudenza di merito, che ha oscillato tra un orientamento che nega la possibilità di notifiche personali alla PEC professionale (Trib. Roma ord. 26/1/2019, Trib. Asti 18/4/2021 n. 411, Trib. Bologna ord. 7/7/2021, Garante Privacy parere 22/7/2021, Trib. Savona 29/6/2023 n. 468) ed un altro che invece le consente in assenza di espressa previsione contraria (C.App. Torino 27/1/2016 n. 128, C.App. Milano 18/10/2022 n. 3302, C.App. Bari 10/9/2024 n. 1125).

La Suprema Corte in passato si era limitata incidenter tantum a ritenere valida la notifica alla PEC di un avvocato anche di atti inerenti al suo incarico di curatore speciale ad processum ex art. 78 c.p.c., pur non riferibili alla sua costituzione in giudizio quale procuratore ma comunque correlate all'attività professionale svolta senza lesione quindi della sua riservatezza personale (Cass. 2/4/2024 n. 8685) e a ritenere il ricorso per l'estensione del fallimento al socio occulto validamente notificato presso il suo indirizzo PEC, pur attivato in relazione all'attività professionale di medico estranea all'impresa fallita (Cass. 6/5/2024 n. 12134, citata nel provvedimento in commento). Con l’ordinanza in esame, invece, si pronuncia espressamente a favore delle notifiche personali alla PEC professionale.

Occorre peraltro rilevare che il caso qui in commento (come i precedenti) verte su una notifica effettuata in data (nella specie, 10/2/2022) anteriore all’avvio dell’INAD, consultabile dal 6/7/2023, ma la conclusione non dovrebbe mutare per notifiche successive, con la precisazione che, per rispettare le esigenze di riservatezza segnalate dal Garante Privacy, il notificante di atti personali da tale data ha l’onere di verificare in INAD la presenza di PEC personale del professionista, utilizzando quella nel caso in cui quest’ultimo si sia avvalso della facoltà ex art. 6-quater d.lgs. 82/2005 di ivi indicarla e, in caso contrario, il domicilio digitale professionale presente negli altri pubblici elenchi ex art. 3-ter L. 53/1994.

Attendiamo quindi con interesse eventuali successive pronunce di legittimità, anche in merito alle conseguenze di comportamenti diversi, sulle quali la risposta alla relativa FAQ sul sito dell’INAD, che certo non è fonte di diritto né interpretazione giudiziale, appare eccessivamente perentoria, anche a fronte della giurisprudenza sul raggiungimento dello scopo: “Sono un professionista iscritto in un albo/ordine professionale: che differenza c’è per me tra INI-PEC e INAD? Su INI-PEC riceverai le comunicazioni aventi valore legale concernenti la tua attività professionale; su INAD, invece, riceverai le comunicazioni aventi natura legale riguardanti la tua persona. Nel caso in cui le comunicazioni legate alla tua persona giungano sul tuo domicilio iscritto in INI-PEC oppure le comunicazioni legate alla tua attività professionale giungano sul tuo indirizzo iscritto in INAD, tali comunicazioni non avranno efficacia”.

Quanto alla seconda questione, dall’ordinanza in esame non sembra rilevarsi con chiarezza se vi sia stata o meno la prescritta attestazione dell’avvocato di aver estratto la PEC da uno dei pubblici elenchi, ma in caso positivo si tratterà di dichiarazione di un pubblico ufficiale ex art. 6 L. 53/94 contestabile solo con querela di falso ed in caso negativo il destinatario, come osserva la Cassazione, non potrà limitarsi a rilevare l’assenza della dichiarazione ma dovrà eccepire il mancato inserimento della PEC in tali registri (salvo - è da ritenersi - il già citato raggiungimento dello scopo ove applicabile).

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